martedì 16 marzo 2010

Diverso da chi?


Fino a quando esisterà, per causa delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale, che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e che complica con una fatalità umana il destino, che è divino; fino a quando i tre problemi del secolo, l'abbrutimento dell'uomo per colpa dell'indigenza, l'avvilimento della donna per colpa della fame e l'atrofia del fanciullo per colpa delle tenebre, non saranno risolti; fino a quando, in certe regioni, sarà possibile l'asfissia sociale; in altre parole, e, sotto un punto di vita ancor più esteso, fino a quando si avranno sulla terra, ignoranza e miseria, i libri del genere di questo potranno non essere inutili.
Victor Hugo, Hauteville House, I gennaio 1862 (prefazione a I miserabili)

Avevo tredici anni e non permetterò mai più a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita. Perché quel tempo durante il quale si varca il confine che separa la giovinezza dall'età adulta, è stato per me feroce e terribile. Un tempo in cui non ho potuto vivere la mia età, costretto ad elemosinare anche un sorriso, scansato, cacciato, odiato. Io che non ho colpa se non quella di essere straniero in una terra straniera. Una terra ostile, in cui più pensano che questo non sia il mio posto, che da qui dovrei andare via, tornare indietro in una terra che ora per me è diventata straniera e che significa soltanto oppressione, violenza, alienazione, invivibilità e povertà. Io che ho perso la mia identità perché qui non ho un passato, non ho “testimoni”di quello che ero, non ho lingua e vivo nel silenzio; quel silenzio che si avverte quando non si ascoltano voci simili alla propria.
La chiamano xenofobia, paura del diverso, di chi non è come te, assimilandola a qualcosa di primitivo, ancestrale, istintivo come qualsiasi altra paura. Ma cosa c’è di naturale nel considerare un altro uomo un “non uomo”?
Certo ti capisco, come si fa a non aver paura di uno che vive nella miseria più assoluta, che ha per casa una baracca? Se lo si paragona con chi “sceglie” la comodità di un’abitazione, infatti, egli appare disumano quando non un animale. Qualcuno che non può essere padre, madre, non può avere figli, genitori, amici, una compagna, un compagno; un mostro non ha affetti, non può amare, gioire, soffrire.
Eppure io un padre e una madre li avevo. Avevo fratelli, zii, amici. Amavo, gioivo, soffrivo. Speravo. Speravo di avere delle possibilità alternative a quelle in cui vivevo. Avevo intrapreso un viaggio, varcato confini, con la voglia di incontrare posti nuovi, gente nuova, con la voglia di costruire un futuro migliore.
E tutto questo quanto mi rendeva diverso da te?

4 commenti:

Glendabi ha detto...

E brava! Ti leggo con piacere...

Isabella Coletta ha detto...

Grazie Glenda

Anonimo ha detto...

Molto toccante...continua così

Isabella Coletta ha detto...

Anonimo Grazie...chiunque tu sia